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Napoli. Funerale al Banco di Napoli, ‘donato’ ai colonializzatori piemontesi: triste commiato dei borboniani

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La guardia giurata solerte è stata l’ultima immagine di un sopruso che, oramai da 157 anni, un popolo, una storia, una nazione subiscono; una guardia giurata solerte che uscendo dagli uffici del Banco di Napoli di via Toledo, sede centrale di un vanto ultra secolare, strappa con violenza dai muri e allontana il cesto di fiori e i manifesti, presenti per annunciare la morte del Banco: una guardia giurata, dopo la Guardia Civile e prima ancora dei famigerati bersaglieri di Cialdini, anche lei, in cagnesco, urla ora come allora ai presenti di andare via e non disturbare, sbattendo le porte in faccia a costoro con una rabbia che ricorda gesti antichi usati verso chi subiva e subisce ancora la violenza sempre manu militari.

 

Una banca cancellata e oramai ridotta a essere per il “sur padrun dalle belle braghe bianche” semplici sportelli servili di Banca Intesa: è certo il gesto meno cruento, meno drammatico del solerte agente, ma comunque una chiosa su un ente che ha come storia bancaria un’origine tra le più antiche al mondo, da Monte di Pietà del 1539 a Banco Nazionale di Napoli con i Borbone e poi Banco delle Due Sicilie e dopo l’unità Banco di Napoli, e da quel momento  “boicottato” a vantaggio della Banca Nazionale, sfruttato per le rimesse degli emigranti (napoletani e meridionali) che salvarono il bilancio dell’Italia, svenduto negli anni Novanta con giochi di prestigio che finsero perdite sparite dopo la svendita, “mangiato” prima dal San Paolo di Torino e ora (dicembre 2017) “fuso” definitivamente nel gruppo San Paolo Intesa.

Manterrà il suo marchio”, hanno garantito gli attuali “padroni” (l’autonomia è perduta per sempre ed è solo un segnale di ulteriore colonizzazione: il marchio, specie al Sud, funziona e così cercheranno di “rassicurare” i clienti).

“Nessun aiuto di Stato per il Banco di Napoli (non era/è una banca veneta/toscana) e, a differenza dei politici veneti e toscani (che si sono spinti fino a sacrifici “estremi” per difendere le loro banche e banchette), nessun intervento dei politici locali (Bassolino imperante e silente in quegli anni con parecchi ministri di queste parti).

E ora qualcuno finge pure di meravigliarsi o di organizzare dibattiti e giornate per risolvere questioni meridionali in un meridione che non ha più banche”, si legge in una nota del Movimento Neoborbonico che l’altra sera, assieme ai Comitati Due Sicilie e altri affezionati alla storia borbonica, hanno manifestato la loro disapprovazione su quanto è accaduto.

Era da tempo nell’aria l’idea di Intesa di fondere e cancellare il Banco di Napoli.

Da Torino, come maledettamente si ripete da oltre un secolo e mezzo, hanno deciso di assorbire lo storico istituto partenopeo.

Non ci sarà più una banca autonoma, anche se già oggi Banco di Napoli è controllata al 100% dal gruppo guidato da Carlo Messina.

Ma resterà il suo marchio, per evitare il fuggi-fuggi dei clienti affezionati al più antico banco napoletano.

La decisione è stata già recepita dalla direzione dell’istituto di via Toledo guidato da Maurizio Barracco.

Una fine ingloriosa, quindi, per quel Banco Napoli la cui storia è stata per secoli tutt’uno con la Campania e il Sud, che a oggi comprende circa 168 filiali, sparse oltre la Campania, anche in Puglia, Lucania, Calabria.

Ultimo baluardo quindi di una reminiscenza autoctona e duosiciliana, oramai, sotto questo punto di vista, annientata totalmente.

Come recitava la Sastri: ‘O sanghe è passat ancora, ‘ncopp a sta terra amara, ‘a mort se fa restino, ‘o sfreggio addiventa storia‘.

Sito web di riferimento: http://www.comitatiduesicilie.it/?p=874

(Fiore Marro – Comitati delle Due Sicilie –

 

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