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Caiazzo. Addio caldarroste, addio carciofi arrostiti, addio al più antico negozio del centro!

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Si è rivelato fatale, purtroppo, il numero 112, proprio quello cioè che ha conferito prestigio e autorevolezza al negozio

più antico (finora) attivo nel centro storico caiatino dal lontano anno 1905, quindi ben 112 anni fa, quando in fondo a via Roma, attuale via Caiatino, aprì i battenti la “bottega” in cui Giuseppe Chichierchia (nella foto qui accanto) vendeva prodotti ortofrutticoli e pesce (in particolare mitili del Mediterraneo) con sacrifici solo lontanamente immaginabili, acquistati quotidianamente, anzi nottetempo, oltre che nelle campagne, al mercato generale e trasportati con un carretto trainato da un cavallo che, come lo stesso proprietario, se la doveva vedere proprio dura nel percorrere, soprattutto nelle gelide notti invernali, il tragitto, all’epoca sterrato ed impervio, tra Santa Maria (Capua Vetere) e Caiazzo.

 

Questo per assicurare ai residenti nell’allora affollato centro storico la costante disponibilità di prodotti freschi e genuini che potevano essere esposti solo dopo il “passaggio” per il dazio (sinonimo di pagamento) e l’immancabile controllo del veterinario (sinonimo, secondo le malelingue, di assaggi abbondanti per tutta la famiglia e cortigiani vari), quotidiane incombenze propedeutiche all’essenziale “nulla osta” per la vendita.

 

 

 

Non doveva poi starsi tanto peggio, quindi, volendo transigere su certi “passaggi”, se allora si poteva contare su quanto rappresenta ormai solo un ricordo anche per i più giovani e per quanti aspettavano con ansia, fra l’altro, la produzione di “carcioffole” e castagne (cioè carciofi e caldarroste – nella foto qui accanto), arrostite e vendute accanto al negozio dagli ultimi rappresentanti di tale stirpe commerciale, cioè dai fratelli Michela e Giuseppe Cristillo che, raccolto nel 2003 il testimone dal padre Gaetano, purtroppo morto dopo due anni, per circa tre lustri si sono prodigati, con encomiabile zelo, per tenere comunque in vita un’attività evidentemente non più tanto produttiva, a quant’è dato sapere, soprattutto a causa di una politica ritenuta troppo ottusa per sostenere tali iniziative.

 

 

Stoccata letale per i fratelli Cristillo – che, non senza riflessioni e tormenti, hanno deciso di chiudere per sempre il negozio e restituire la licenza al Comune a fine novembre, senza cioè attendere neanche la fine dell’anno – si sarebbe rivelata una delle decisioni comunali più controverse e per molti cervellotica, consistente nell’aver disposto il divieto di sosta (anche breve) in piazza Verdi e zone contigue tutti i giorni dalle ore 19 addirittura fino alle 4 di notte…

Ma non solo: molti nel centro lamentano la carenza di una politica oculata e mirata a sostenere il locale terziario, a parte qualche estemporanea o incostante manifestazione, sin dai tempi del compianto assessore al ramo Giovanni Campana, grazie al quale fra l’altro, dopo decenni, fu ripristinato anche il mercato settimanale della domenica, del quale, mutatis mutandis, ormai praticamente resta un triste ricordo (stessa china temuta a breve -in difetto di idonei correttivi- per quello del mercoledì).

 

 

 

 

Alla stregua del negozio dei fratelli Cristillo e degli altri esercenti e artigiani che hanno già chiuso i battenti, con in testa lo storico panificio Sgueglia che non ha più riaperto i battenti dopo la recente morte della compianta Angelina Mirabelli (nella foto qui accanto), vedova di Giovanni Sgueglia, dal quale avevano ereditato la gestione i figli Carmine e Antonietta, del pari costretti alla resa da una propensione tutt’altro che favorevole, a onor del vero, anche da parte di molti residenti, nel pedissequo rispetto dell’adagio latino a mente del quale “nemo (est) propheta in patria” cioè (quasi) nessuno è apprezzato nella propria terra…

 

 

 

 

 

 

Panificio (nella foto qui accanto l’invitante vetrina, che non potremo vedere mai più) quasi prospiciente il negozio di frutta, verdura e altri generi alimentari dei fratelli Cristillo, la resa dei quali ha determinato in realtà la chiusura anche dell’altro negozio familiare nel quale, pochi metri più avanti, gli stessi, sempre amorevolmente coadiuvati dallo zio Peppe, in particolare nei giorni di mercato esponevano vari prodotti ittici, sempre freschissimo ed a buon prezzo, oltre che, quando 

era tempo, carciofi arrostiti e caldarroste abbrustolite sotto gli occhi entusiastici, trattandosi di rarità, dei residenti e soprattutto dei turisti, in paziente attesa per poterne degustare con avidità insieme ai propri amici.

 

 

Pronti a far la fila, un po’ come capita quasi tutte le sere, anche tardissimo, lungo il vicoletto e davanti all’ingresso dell’ormai arcifamosa pizzeria di Franco Pepe (nella foto qui accanto, scattata alle ore 1,15 di notte!), vero motore trainante dell’economia gastronomica locale, al quale coraggiosamente si affiancano pochi -ma validi- titolari o gestori di altre attività, anche in campo artigianale e vario, ai quali tutti va augurata vita, non solo commerciale, lunga e prosperosa.

 

 

 

 

 

 

Se possibile ancor più di quella iniziata nel lontano anno 1905 da Giuseppe Chichierchia (senior), cui nel 1926 subentrò il genero Domenico Cristillo e quindi sua moglie Elisabetta Chichierchia, insignita (nella foto qui accanto) dopo ben mezzo secolo di attività con “L’Aquila d’Oro”), ambita onorificenza conferita dalla Camera di Commercio agli esercenti che, appunto, avevano gestito un negozio per cinquant’anni.

 

 

 

 

Donna Bettina, invero, nonostante gli acciacchi, travalicò quasi di un altro lustro tale prestigioso record, portando avanti la storica attività familiare fino all’anno 1980, quando, alla sua morte, ne ereditò il testimone l’ultimogenito, Gaetano (nella foto qui accanto), purtroppo scomparso anzitempo nel 2003.

 

 

 

E ora, dopo “soli” quattordici anni, hanno dovuto appendere le proverbiali scarpe al chiodo anche i suoi figli, ai quali va il sentito riconoscimento della redazione per quanto hanno fatto in campo commerciale e quanto ancora vorranno fare, ne siamo certi, nel comparto sociale, in particolare nell’ambito del centro storico caiatino, che ancora abbisogna della loro benemerita opera.

 

 

Ciao ragazzi, buona fortuna!

 

 

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