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Caiazzo. Le figli di Nino Marcuccio ringraziano quanti hanno partecipato alla ‘quattro giorni commemorativa’

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Sono davvero toccanti le parole con cui Lucia Marcuccio, a nome di tutti i familiari, ha voluto ringraziare le tantissime persone che hanno voluto onorare il compianto padre Giovanni -Nino per gli amici, cioè per tutti- nel primo anniversario della morte, partecipando in qualche modo alle molteplici iniziative organizzate per l’occasione da alcuni allievi, sotto l’egida della Pro Loco, per ben quattro giorni, come, a memoria d’uomo, mai era accaduto non solo in Caiazzo ma nell’intero comprensorio e forse ben oltre:

Un grazie infinite a chi a voluto creare un evento per ricordare mio padre Giovanni Marcuccio (nel fotomontaggio) nel primo anniversario della morte.

Nella loro semplicità e spontaneamente hanno voluto donare a Caiazzo e a chi lo ha amato veramente, quattro giorni di ricordi attraverso una mostra fotografica e la proiezione del film da lui prodotto e scritto insieme all’amico Corrado Grasso nel 1994 “IL MATRIMONIO COM’ERA”, vincitore del premio Rizzoli, alla visione di alcune commedie scritte sempre da lui e l’amico Corrado.

I miei ringraziamenti e quello di mia mamma e le mie sorelle Ersilia e Ivania vanno a chi si è fatto promotore di questa iniziativa i fotografi, Armando Porpora e Rossano Orchitano che in collaborazione e il patrocinio del comune di Caiazzo, il sindaco Tommaso Sgueglia la Pro Loco Caiazzo “Nino Marcuccio ” l’UNPLI provinciale di Caserta, l’associazione fotografica Elvira Puorto, l’associazione Storica del Caiatino, tutti gli esercizi commerciali di via Cattabeni, via A.A. Caiatino, Piazza Porta Vetere, che hanno ospitato i lavori pittorici di papà.

Un ringraziamento ai fotografi Antonio Medoro Grasso, Antonio Giannelli, Rossana Siracusa.

Spero di non aver dimenticato nessuno, se manca qualcuno perdonatemi.

Lucia 🌻

Non meno toccanti i pensieri rivolti al compianto dalle figlie e lette in un duomo da Angela Perrone (nella foto in basso) particolarmente affollato al termine della funzione ecclesiastica commemorativa:

A NOSTRO PADRE, NELL’ANNIVERSARIO DELLA SUA SCOMPARSA

A un anno dalla Tua dipartita si rinnova il dolore, il rimpianto, lo sgomento di noi familiari, amici e conoscenti che ti abbiamo voluto bene e abbiamo condiviso con Te i momenti di gioia e di dolore che la vita riserva a tutti indistintamente.

La Tua scomparsa ci scosse, ci fece vacillare come se fosse crollato un pilastro portante della nostra esistenza. La nostra vita non e stata piu la stessa.

La sofferenza cominciò negli anni della tua infermità vedendoti impossibilitato a muoverti, a camminare a operare, e la tua liberta fu gravemente mutilata dalla dipendenza dagli altri anche per attività semplici e banali del quotidiano.

Ma i tuoi familiari, le tue figlie e in particolare la mamma non ti hanno fatto pesare più di tanto i disagi della inattività, e gli impedimenti del corpo non impedirono alla tua mente fertile di continuare a pensare, a progettare, sia pure affidando ad altri la realizzazione dei progetti.

Nella situazione di immobilità hai ripercorso, e noi con te, le tappe salienti di una vita ricca di affetti, di amicizie, di conoscenze, di esperienze nei più svariati campi delle attività sociali, culturali e politiche.

Hai ripensato agli anni della fanciullezza nella tua famiglia patriarcale; ai compagni di giochi, numerosi e vari che si attivavano al Rione Portanzia; agli anni e agli amori giovanili, prima e dopo la guerra; ai lutti e alle paure della guerra; alla ricostruzione post bellica ricca di promesse e di speranze; agli anni di studio all’istituto Magistrale di Capua, culminati con la collocazione nel ruolo della scuola elementare.

Contestualmente al ruolo di docente, hai svolto anche una intensa, durevole attività politica che per sua stessa natura configge con quella artistica.

Nonostante questa incompatibilità di fondo, la tua carriera politica ha avuto una durata più che decennale che ti valse il titolo di decano tra i consiglieri.

Rieletto puntualmente, non grazie ai piaceri fatti alla gente non avevi alcun potere per farlo), quanto per la simpatia, la tua disponibilità all’amicizia, il tuo disinteresse, l’assenza di un secondo fine che traspariva dagli atti amministrativi e dagli atteggiamenti e dalla scelte di campo.

Ma gli impegni politici non ti hanno mai distratto dall’attività pittorica e teatrale.

Determinante ai fini della tua produzione artistica è stata indubbiamente l’esperienza maturata nello storico Cinema Imperiale di Caiazzo, dove il nonno Ettore ha svolto, per una vita, il compito di operatore cinematografico.

In quella cabina angusta, ma suggestiva per il rumore della macchina di proiezione, per l’odore di acetone (utilizzato per incollare le pellicole rese fragili dall’uso), e per il fascio di luci diretto sullo schermo che si stagliava netto nel fumo delle sigarette, hai-visto centinaia di film.

Lì nacque la tua vocazione alla recitazione partecipando emotivamente alle vicende dei protagonisti dei film. li parroco storico della Parrocchia di S.Nicola don Giuseppe Rocereto intuì le tue capacità recitative e non mancava di assegnarti ruoli da protagonista nelle rappresentazioni che allestiva periodicamente in Parrocchia.

Da attore sei diventato autore e regista di opere teatrali rappresentate con successo a Caiazzo, in Campania e a Milano.

Per la sua peculiarità rappresentativa di un’epoca e di una cultura del passato, il film “Il matrimonio com’era” rappresenta una pietra miliare per la comunità caiatina, un tentativo unico, originale e irripetibile di attività cinematografica.

Hai avviato alla recitazione decine di giovani, maschi e femmine, e alcuni di questi hanno trovato notorietà in campo nazionale.

La conoscenza a fondo della condizione giovanile, della loro psicologia, delle loro aspettative ti consentivano di scendere ai loro livelli di percezione della vita e del mondo, di sintonizzarti sulla stessa lunghezza d’onda e trarre il meglio dalla loro intelligenza ed-e-& esuberante vitalità. Riuscivi a sintonizzarti con loro, alla pari, giovane con giovani, in un rapporto di empatia e di complicità stimolante.

A conclusione di una serie di prove, la trepidante attesa alla vigilia del debutto, e l’ansia irrequieta di un cuore che batte forte pensando al… successo.

Un successo che arrivava puntuale e, condiviso con gioia assieme ai giovani allievi, stemperava la turbolenza del lungo, stressante periodo di prove.

Oggi, gli allievi non più giovanissimi, sono qui presenti ad onorare la tua memoria.

Sono loro che hanno organizzato questo evento esponendo anche le tue opere pittoriche che rappresentano una parte del patrimonio artistico che hai lasciato in eredità.

Questi dipinti rievocano a noi di famiglia le ore, i giorni, gli anni trascorsi in quella tua cameretta ad amalgamare colori.

Quei colori che rivediamo sublimati nei vicoletti, nel Castello che domina il centro abitato, negli scorci paesaggistici e suggestivi che hanno impressionato, come su una pellicola, la tua sensibilità da bambino e sono poi riemersi nei tuoi quadri in età matura.

Rappresentano la nostra cittadina, quella Caiazzo da cui non ti sei mai allontanato, restandone abbarbicato come l’edera al tronco dell’albero.

Eppure buona parte del tuo tempo l’hai trascorsa non in casa ma fuori di casa.

Un nostro parente, venuto dall’America, che fu ospite nella tua casa paterna colse, nella brevità del soggiorno qui a Caiazzo, questa tua vocazione alla vita sociale ed ebbe una espressione quanto mai pregnante: “Npotme Ninuccio arape e chiure ‘e porte ‘ro paese” (Mio nipote Ninuccio apre e chiude le porte del paese).

Noi familiari ti vedevamo a tavola all’ora di pranzo e la sera a cena quando rientravi dalla sede della Pro Loco.

Ma il nostro affetto per te non si nutriva soltanto di presenze assidue e permanenti.

Eravamo nel tuo cuore e nella tua sensibilità anche lontani gli uni dagli altri. Ti abbiamo amato perché tu meritavi il nostro bene.

Sei stato padre affettuoso, soccorrevole, ognora disposto a non deludere le nostre aspettative di bambine, di giovani, di madri.

Tu DOLCE padre, tu fratello maggiore, tu amico fraterno. In tutto l’arco della tua vita, mai un rimprovero, una lagnanza, una divergenza che non fosse ricomponibile con la parola calda, rassicurante, affettuosa.

Noi figlie, e la mamma con noi, sapevamo di farti cosa gradita lasciando a te ampia liberta di movimento e di azioni nelle iniziative per te gratificanti; e non abbiamo mai preteso di legarti alla nostra vita obbligandoti a ridimensionare la tua.

Per molti decenni la sede della Pro Loco e stata la tua seconda casa. In quella sede si svolgevano le prove teatrali, in quella sede sono state organizzate le manifestazioni salienti che hanno portato nella nostra cittadina esponenti di primo piano in campo artistico e culturale.

Lì sono state messe a punto le giornate commemorative dei festival in ricordo dei nostri illustri concittadini, Giuseppe Jovinelli e Rosa Ponselle.

In quella sede si sono organizzati gli spettacoli teatrali, folcloristici di compagnie di fama internazionale; in quella sede i premi di poesia che hanno richiamato nella nostra cittadina poeti di NOTEVOLE spessore, attori recitativi come Arnoldo Foà e Riccardo Cucciolla.

Nella varietà, molteplicità delle tue iniziative resta ferma e acclarata la tua conclamata vocazione artistica, e le opere di pittura e di teatro ne sono la testimonianza concreta.

Il tuo insegnamento è stato ampiamente ripagato da quanti hanno raccolto il testimone nel solco di una continuità pluridecennale, insieme al testamento artistico-culturale, noi famigliari raccogliamo la tua eredità e di affetti e di bontà.

Hai dato molto alla comunità di appartenenza, e avevi in mente di dare ancora di più in termini di eventi e manifestazioni di svago e di arricchimento culturale.

Ma è subentrata la malattia e ha paralizzato la tua operosità instancabile.

Sei stato amorevolmente assistito dalla mamma che, per tutta la durata della tua infermità, non si è mai allontanata da te, condividendo i tuoi affanni, assecondando puntualmente i tuoi desideri.

Lo stesso ho cercato di fare io stessa insieme alle mie sorelle lvania e Lucia, i numerosi nipoti e i tanti amici che son venuti a trovarti.

Ma sappiamo di non aver fatto abbastanza perché nessuno può eliminare il dolore di chi soffre, nessuno può sottrarre l’artista alla sua insoddisfazione di fondo che sfocia fatalmente nella solitudine.

La solitudine dell’artista che non riesce a comunicare agli altri i suoi pensieri, i suoi valori, il suo dramma interiore reso ancora più acuto dalla infermità e dalla impossibilità di poter attuare i progetti ipotizzati da una mente fervida imprigionata in un corpo inoperoso.

Quante volte al termine di un giorno inerte e noioso sei stato assalito dai pensieri cupi sul mistero della vita e della morte, dal senso di impotenza che nasce dalla impossibilità e dai limiti che pone il corpo ai progetti della mente, quando l’esistenza in vita ti vanifica l’oggi e ti toglie ogni illusione sul domani.

Nella situazione di sofferta immobilità si è aperto uno spiraglio nuovo e inusitato.

A un amico hai confidato che la vita trascorsa nel sociale ti aveva si avvicinato agli altri (amici, conoscenti, personalità dello spettacolo), ma ti aveva anche allontanato da te stesso.

Non hai avuto il tempo di riflettere su Te stesso.

Quel Te stesso rimasto occulto, sepolto dalla contingenza del vivere, è emerso giorno dopo giorno nella solitudine della sofferenza interiore.

Hai potuto così rintracciare gli aspetti riposti, sfuggenti della tua intimità e sciogliere i nodi della tua stessa inconoscibilità.

Quella stessa inconoscibilità che ciascuno di noi si porta dentro intatta, non scalfita perché sopraffatta dalla corsa affannosa del vivere quotidiano.

Hai ritrovato il tempo passato nel colloquio con la tua intimità, hai riscoperto una dimensione nuova della tua personalità illuminando nella riflessione la conoscenza di te stesso.

Hai riscoperto nella intimità della tua persona ciè che avevi già tentato di scoprire nella ricreazione pittorica, nella reiterata rappresentazione dei vicoli, delle strade, dei paesaggi della tua Caiazzo; hai ritrovato le emozioni che suscitavano questi luoghi nel tuo animo fanciullo, ti sei rifugiato nell’abbandono estetico, hai preferito l’artificio e l’ineffabile dell’arte al posto della piatta realtà.

Da artista hai sperimentato più di altri l’angosciosa consapevolezza di sentirsi diverso da come appari agli altri.

Il dramma dell’essere e del sembrare è stato per te più cocente, e da esso e nato il desiderio inconfessato di riconoscimento e di amore che tutti gli uomini perseguono nella vita, ciascuno nell’ambito delle proprie potenzialità, capacità e sensibilità.

Hai sentito l’urgenza di questo desiderio in tutta la sua intensità e hai speso nel sociale e nelle espressioni artistiche le tue energie.

Ci sei riuscito ma non sei stato appagato. Perché l’artista non e mai pago.

É rimasto in te il senso dell’incompiuto, lo smarrimento della solitudine.

Da questa solitudine è nata la volontà sempre viva di ricercare con gli altri un colloquio umano, una ricerca appassionata che è durata una vita con i Tuoi sogni d’amore coltivati e mai raggiunti.

La poesia che Tu hai scritto è n doloroso addio alle illusioni nel momento in cui più amara si rivela la loro inconsistenza.

E l’AMORE è la più alta illusione nel suo perenne e inesplicabile risorgere e morire.

É un inno all’amore, mito che in sé racchiude la bellezza, la poesia, la gioia, l’ansia di vita, di felicità, d’infinito, sempre distrutto dalla realtà e sempre risorgente dalle sue ceneri.

Ed è successo a te quel che accade a ogni artista. Lo scontento del sé si è tramutato in creazioni artistiche che appagano l’aspirazione al bello e all’eterno dell’animo umano.

La folla di parenti e amici qui presenti, il calore dei loro affetto è la risposta a quel desiderio di amore e di riconoscimento che hai inseguito per tutta la vita; mentre Tu, libero dai vincoli terreni, hai raggiunto nello spirito la libertà a lungo agognata.

Hai dispiegato le tue grandi ali rattrappite dalla inerzia e, come aquila, sei volato in alto, oltre le nuvole, oltre il sole, nell’infinito.

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