Casal di Principe. ‘Boss’ dei Casalesi scarcerato grazie all’acume dell’avvocato Dario Vannetiello, preferito al collega Carlo Taormina
Clamorosa scarcerazione di Salvatore Borrata, imprenditore ritenuto dagli inquirenti appartenente al clan dei Casalesi.
Fu un fulmine a ciel sereno l’arresto di Salvatore Borrata, noto imprenditore di Casal di Principe, con forti interessi nel settore immobiliare.
La Direzione distrettuale Antimafia ritiene che Borrata faccia parte della potente associazione camorristica casalese con lo specifico ruolo di intestatario fittizio per conto del clan di beni immobiliari.
Durante la fase delle indagini l’ipotesi accusatoria aveva retto atteso che erano stati rigettati tutti i ricorsi proposti dalla difesa, sia innanzi al Tribunale del riesame di Napoli, sia innanzi alla Suprema Corte.
In particolare dati indizianti provenivano da alcune intercettazioni ambientali avvenute tra l’imprenditore ed un ritenuto esponente della criminalità; i riscontri venivano individuati nella effettiva titolarità di numerosi beni immobili in capo all’imprenditore, immobili non proporzionati al reddito secondo l’accusa.
Durante il processo di merito, che si sta svolgendo innanzi al Tribunale di Napoli Nord, presieduto dalla dottoressa Miele, l’imprenditore, decide di revocare il famoso avvocato Carlo Taormina ed al suo posto nomina l’avvocato Dario Vannetiello (nella foto) del Foro di Napoli.
Proprio grazie ad una articolata istanza dell’avvocato Vannetiello, Borrata ottiene una inaspettata scarcerazione, con sottoposizione agli arresti domiciliari nella sua villa di Casal di Principe.
Decisione sorprendente sia perché, come è noto, è difficilissimo per un accusato di appartenenza ad una associazione camorristica avere gli arresti domiciliari, sia perché è episodio raro che il Tribunale assume decisioni cosi importanti poco prima della conclusione del giudizio di primo grado.
Nonostante la legge preveda che le esigenze cautelari siano presunte nei processi per il grave reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, la difesa è sapientemente riuscita a persuadere il collegio giudicante che Borrata se fosse ritornato a casa non si sarebbe poi dato alla fuga, né avrebbe cercato di inquinare le prove, né avrebbe potuto commettere reati.
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