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Politica & Camorra. Anche nell’alto casertano tremano i ‘colletti bianchi’ dopo gli ‘spifferi’ sugli appalti?!

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 Caso Cpl Concordia: maxi sequestro di beni nel giorno in cui gli imprenditori arrestati venerdì con l’accusa di essere collusi con i Casalesi sono comparsi dinanzi al gip per gli interrogatori di garanzia.

 

Sotto chiave è finito un patrimonio che ammonta a 53 milioni di euro, riconducibile in buona parte a Claudio Schiavone, ritenuto alter ego del boss Francesco Schiavone, e in minima parte ad Antonio Piccolo, che invece la Dda ritiene essere uomo del capoclan Michele Zagaria, regista dell’affaire metanizzazione nell’Agro-aversano.
Nelle stesse ore in cui, tra Casapesenna, San Tammaro, Trentola Ducenta e Caserta, i militari del Gico della Guardia di Finanza e i Carabinieri del Ros di Napoli mettevano i sigilli a un patrimonio da “paperoni”, entrambi si difendevano davanti al gip.
In particolare, Piccolo (rappresentato dall’avvocato Mario Griffo) ha parlato per circa due ore e mezzo: ha negato di essere stato “socio” di Zagaria, anzi ha sostenuto di aver dovuto pagare per anni il pizzo alla camorra.
Piccolo ha anche dichiarato che quando la Cpl gli fece la proposta di lavorare nell’agro aversano inizialmente rifiutò l’offerta, ma poi si convinse ad accettare quando i manager della Concordia gli riferirono che era tutto legale e infatti per l’avvio delle opere si era speso il senatore Lorenzo Diana.
Anche Schiavone (difeso dall’avvocato Giuseppe Stellato) ha respinto ogni accusa.
Quanto a Roberto Casari, l’ex presidente della Cpl sarà interrogato martedì in rogatoria dal gip di Trento, dove si trova detenuto (difeso dall’avvocato Luigi Sena).
Lunedì, quindi, è stato anche il giorno dei sigilli, anche per aziende che, secondo quanto riportato nel decreto a firma del gip Federica Colucci, erano intestate a presta nomi dei due imprenditori, ma in realtà venivano utilizzate dagli indagati per concorrere alle gare per gli appalti pubblici senza incappare nelle indagini.
Patrimoni sproporzionati rispetto ai redditi dichiarati: è il caso limite di Claudio Schiavone, al quale sono stati sequestrati beni per 45 milioni di euro consistenti in ben 88 immobili e varie società.
Secondo il gip, si serviva di familiari e di altre persone (indagate a loro volta) per intestar loro delle ditte con le quali sarebbe poi riuscito ad accaparrarsi appalti pubblici anche nei comuni di Alvignano e Dragoni, oltreché per la faccenda della metanizzazione.
Nei confronti di Antonio Piccolo, per le stesse ragioni, sono stati sequestrati beni per 8 milioni di euro: 14 appartamenti, 4 appezzamenti di terreno, conti correnti e diverse società.
I sigilli sono scattati anche per la super villa nella quale Piccolo viveva, a Casapesenna, e dove uno dei manager della Cpl, Pasquale Matano, ha raccontato di essere stato costretto a incontrare Pasquale Zagaria, fratello del capoclan.
Accadde quando Matano, resosi conto che i lavori nell’agro aversano non erano stati eseguiti a norma, cercò di far presente la cosa a Piccolo.
Quest’ultimo, ha riferito il manager, gli disse di salire in macchina perché sarebbero andati su un altro cantiere, invece lo portò a casa sua, dove ad attenderlo c’era Pasquale Zagaria.
Devi capire che qua si fa come diciamo noi, se vuoi la guerra, noi la guerra la sappiamo fare bene e dillo pure ai tuoi superiori“: queste le parole, a quanto è dato sapere, “intercettate”, del ras.
Matano fu costretto a inviare un fax a Roma con le indicazioni del capo clan.
Il decreto di sequestro è motivato proprio da questi elementi: Piccolo e Schiavone avrebbero accumulato il patrimonio milionario grazie al patto stretto con la camorra negli anni 90, i cui effetti sono stati “in vigore” fino al 2005.
La richiesta di sequestro è opera del pool Antimafia diretto dall’aggiunto Giuseppe Borrelli e composto dai pm Catello Maresca, Cesare Sirignano, Francesco Curcio e Maurizio Giordano.
Si tratta, chiaramente, della stessa squadra che ha chiesto e ottenuto l’arresto dei due imprenditori oltre che dell’ex presidente della Cpl, Roberto Casari, e che ha iscritto sul registro degli indagati l’ex senatore Lorenzo Diana con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Le indagini, affidate al Noe di Caserta (diretto dal maggiore Marco Ciervo) hanno alzato il velo sulla manipolazione degli appalti per la metanizzazione dei comuni di Casal di Principe, Casapesenna, Villa di Briano, San Marcellino, San Cipriano d’Aversa, Frignano e Villa Literno.

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