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AttualitàCaiazzo & Dintorni

Baia Latina. Don Carlo Pascarella, parroco anti borbonico, negli studi di Simeone Veccia

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Capita spesso che vengano ignorati personaggi che hanno avuto un ruolo importante

nel territorio dove svolgono la loro attività.
È il caso di un sacerdote che ebbe un ruolo rilevante nel periodo preunitario dell’unificazione dell’Italia e che purtroppo dovette subire la carcerazione: don Carlo Pascarella che, durante i moti del 1848 (rappresentati nel foto-dipinto), fu condannato a 20 anni di carcere duro per la sua vocazione fortemente liberale.
Titolare della Parrocchia di San Lorenzo di Latina, attuale Baia e Latina, nel 1848, secondo testimonianze rese al processo, spiegava, dall’altare, durante le sue omelie, l’importanza per un popolo di avere una Costituzione.
Determinante fu l’esito del sanguinoso scontro del 15 maggio 1848, scrive Simeone Veccia noto ricercatore, tra le “forze liberali”e l’esercito regio.
La polizia borbonica soffocò i moti di piazza iniziati il giorno 13 maggio a Monteoliveto.
Don Carlo fu artefice e parte del movimento liberale.
Il compito dell’ecclesiastico, secondo il Giudice di Sessa, era quello di esortare alla rivolta le Giovani generazioni di Capua, Carinola e Sessa.
La prima imputazione fu “Reato di Lesa Maestà.
Attentato avente per oggetto il fine di distruggere il Governo ed eccitare i sudditi ad armarsi contro l’Autorità Reale, nonché discorsi sediziosi per istigare gli abitanti alla ribellione”.
La seconda imputazione fu per “detenzione di libri-opuscoli stampati contrari al Governo”.
La posizione processuale del sacerdote si aggravò quando presso la sua abitazione furono rinvenuti libri, opuscoli e fogli a stampa sebbene avesse dichiarato, poi, di averli trovati in due grosse ceste di vimini.
Il 2 luglio 1850 Don Carlo fu tratto in arresto e rinchiuso nel carcere di Santa Maria.
Il processo iniziò il 19 luglio 1851 davanti alla Gran Corte Criminale di Terra di Lavoro che, il 21 agosto, riconobbe don Carlo colpevole dei reati a lui ascritti condannandolo alla pena di anni diciannove ai ferri.
Dopo otto anni dalla sentenza, il 10 gennaio 1859, il Re gli concesse la grazia.
Tre mesi dopo, il 16 aprile 1859 abbandonato da tutti, il sacerdote mori nella sua casa di Latina, stremato dalla lunga e penosa carcerazione.
Resta il sospetto che la grazia sia stata concessa per celare le sue gravi condizioni di salute.
Grazie alle ricerche di Simeone Veccia è stato possibile conoscere, più da vicino, la figura di Don Carlo Pascarella, umile e sconosciuto parroco di campagna, paladino della libertà.

(Comunicato Stampa – Elaborato – Archiviato in #TeleradioNews ♥ il tuo sito web © Diritti riservati all’autore)

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